La stazione di Toledo è stata progettata dal designer spagnolo Óscar Tusquets Blanca ed è stata inaugurata il 17 settembre 2012. La stessa è stata inoltre concepita per servire l'omonima strada, il rione Carità e i Quartieri Spagnoli.
« Si scende in fondo al mare, per attraversare la città su un binario d'acciaio. »
(la Repubblica)
Per il resto lo scalo, profondo circa 50 metri, è stato costruito sotto la falda acquifera e occupa un volume di 43.000 metri cubi. Nello spazio esterno della fermata sono presenti tre piramidi a forma esagonale, rivestite di pannelli color ocra e blu, che forniscono luce naturale al primo livello della stazione. All'ingresso di via Diaz è presente inoltre la statua in acciaio corten di William Kentridge, Il cavaliere di Toledo, alta sei metri e inaugurata il 15 dicembre 2012, in occasione della notte bianca avvenuta nel centro storico; il monumento ripropone una consuetudine urbanistica tipica del boulevard, già presente in piazza Bovio. L'ascensore (rivestito di pannelli in vetro) è posizionato vicino la scala mobile, fornita di una copertura ondulata, ed è seguito da una particolare passeggiata formata da grandi cerchi arancioni e fornita di sedute in pietra vulcanica.
L'atrio è caratterizzato da due mosaici di William Kentridge realizzati dal mosaicista Costantino Aureliano Buccolieri; nel primo (Ferrovia Centrale per la città di Napoli, 1906) si susseguono le figure principali della mitologia e dell'iconografia napoletana, tra cui lo stesso autore e San Gennaro; nel secondo (Bonifica dei quartieri bassi di Napoli in relazione alla ferrovia metropolitana, 1884) sono raffigurate due persone che si adoperano per portare un carretto carico di simboli della Repubblica Napoletana del 1799.
Nel mezzanino, inoltre, sono integrati nel progetto architettonico i resti della cinta muraria aragonese, rinvenuti durante gli scavi, provviste da appositi pannelli descrittivi. Procedendo si trova il secondo mosaico, che raffigura due persone che sorreggono un carretto.
Man mano che aumenta la profondità, il percorso è scandito dall'alternarsi dei colori che rimarcano i vari livelli dello scalo: nell'atrio pavimento e pareti sono neri, che richiama l'asfalto della civiltà contemporanea, scendendo diventano color ocra (alludendo ai colori caldi della terra e del tufo napoletano) mentre nel piano binari diventano azzurro come il mare e gli abissi.
Nel piano banchine, è presente un monumentale ambiente sotterraneo, in cui domina la bocca ovoidale del Crater de luz, un grande cono che attraversa tutti i piani della stazione. Guardando al suo interno, è possibile riconoscere la luce del sole e un gioco di luci LED, Relative light, opera di Robert Wilson.
Successiva alla sala monumentale sotterranea è invece la «galleria del mare» di Bob Wilson, lunga 24 metri, dove si susseguono pannelli animati a luce LED che raffigurano il mare increspato dalle onde.
Sulle pareti delle scale fisse al piano ammezzato c'è invece Men at work, un intervento fotografico di Achille Cevoli che intende omaggiare gli operai che hanno realizzato le stazioni della metropolitana e le gallerie.
« [Nell'uscita di Montecalvario] l’arte si impossessa del trasporto pubblico fino a svuotarlo della sua primogenia, fino a renderlo marginale, insignificante, forse volgare. E così l’arte, non più primus inter pares, diventa l’unico servizio di pubblica utilità per la vita degli uomini. » (Il Giornale dell'Arte) |
La più scenografica di tutte è sicuramente Razza umana, un lungo collage di Oliviero Toscanicomposto da oltre 1600 scatti, dove si mescolano primi piani a figure intere, volti noti (come quello di Giannegidio Silva, presidente di Metronapoli, o dello stesso Toscani) a gente comune, napoletani e stranieri.
In seguito, la scritta «Molten copper poured on rim of the bay of Naples» (tradotto, «Rame fuso colato sulle rive della baia di Napoli»), dello statunitense Lawrence Weiner, accompagna il passeggero durante la salita e la discesa della scale mobili (tra le più lunghe d'Europa), con la solita pulizia grafica tipica di pannelli neri su cui si specchiano scritte argentate.
Terminate le scale mobili, è presente il progetto di Shirin Neshat Il teatro è vita, la vita è teatro – Don’t ask where love is gone, realizzato con fotografie di Luciano Romano. L'artista iraniana, che nella sua opera ben esprime il dramma della Napoli seicentesca, ha affidato a nove attori il compito di raccontare la propria vita, tra storie vere e private. L'opera, che ritrae nove volti e corpi di attori locali, presenta anche altrettante sfumature di dolore, dallo smarrimento alla rabbia, che erompono da un'efficace soluzione allestitiva che riproduce la tipica abitazione dei Quartieri Spagnoli: i bassi, per l'appunto.
The Flying-Le tre finestre è il titolo dei tre enormi pannelli in ceramica realizzati da Ilya ed Emilia Kabakov, in cui vi sono tanti esseri umani che, tenendosi per mano in un fantastico girotondo, si librano nell'aria insieme a stormi di uccelli, in un'ariosa visione panoramica che trasmette all'osservatore una sensazione di libertà.
L'opera dei Kabakov sembra condurre idealmente al lavoro di Francesco Clemente, presente al piano mezzanino: Engiadina, realizzato in ceramica e mosaico. Lungo oltre sedici metri per tre metri di altezza, l'opera (che si ispira all'arte classica e, in particolare, al vasellame miceneo) ritrae un paesaggio alpino attraversato da una striscia gialla nella quale è possibile intravedere varie figure danzanti.
Per saperne di più sulle altre stazioni:
https://www.vienianapoli.com/2014/10/stazioni-darte.html?
https://www.vienianapoli.com/2014/10/stazioni-darte.html?