Entrando nella sala Vico, della Biblioteca Statale Oratoriana dei Girolamini, si respira un'aria di altri tempi: più volte il giurista e filosofo Giambattista Vico deve averne varcato l'ingresso per attingersi a studiare su testi che solo in quel luogo potevano essere reperiti.
In un'epoca in cui la circolazione del sapere non era fluida, ma chiusa tra gli scaffali delle biblioteche di palazzi nobiliari e conventi, la Biblioteca dei Girolamini rappresentò un momento epocale per la promozione della conoscenza a Napoli.
Fondata nel 1586, dai padri dell'ordine di San Filippo Neri, detti Girolamini, tale biblioteca è la prima in città ad aprire i battenti al pubblico, nel 1617, e la seconda in Italia dopo la Biblioteca Malatestiana di Cesena, rappresentando un cambiamento radicale nel modo di intendere la cultura e l'idea stessa di biblioteca.
Foto da Dagospia |
Il cuore pulsante di questa istituzione è certamente la Sala Vico, intitolata all'omonimo filosofo che, proprio in quel luogo, si recava spesso per studiare e che ha per certi versi contribuito a creare quella sala che oggi porta il suo nome.
La Sala Vico, infatti, fu costruita tra il 1727 ed il 1736 per far posto alla biblioteca del nobile Giuseppe Valletta, acquistata dai Girolamini in seguito alla sua morte, proprio su suggerimento del Vico stesso, per fare in modo che questo ingente patrimonio restasse a Napoli, a disposizione dei napoletani, e non si disperdesse all'estero.
Entrando nella sala ciò che immediatamente si nota è la particolarità della luce, una luce dorata e soffusa, che entra dalle ampie finestre, aperte su tre lati della stanza. Il colore aureo della luce è dato dal colore giallo dei vetri delle finestre ed è volutamente ricercato in modo da non danneggiare i volumi con una luce più forte.
Lungo tutte le pareti si snodano poi due ordini di scaffali in legno di noce del beneventano, con il primo ordine scostato dalla parete in modo da creare una passerella per il secondo, posto al di sopra di esso.
Le parte superiore delle pareti, libera dagli scaffali, è stata sapientemente dipinta e presenta degli ovali su cui sono sono raffigurati i padri filippini più celebri per virtù e dottrina.
Sul soffitto invece è stata affissa una tela, poi dipinta, in cui è raffigurata l'allegoria della fede che domina sulla scienza, rappresentata dalla figura di una donna sostenuta da cinque puttini, con alle spalle una croce, mentre con la mano destra regge un calice d’oro; ai lati, rappresentate lungo le lunette del soffitto, invece, le allegorie delle scienze: pittura, scultura, geografia, medicina, diritto, agricoltura e commercio.
La storia di questa istituzione è andata incontro a vicende travagliate, soprattutto negli ultimi anni, quando la Biblioteca è stata posta sotto sequestro da parte dell'autorità giudiziaria a causa del trafugamento e della vendita dei volumi avvenuta sotto la sovraintendenza dell'ex direttore Massimo De Caro, nominato nel 2011.
Il depauperamento è stato tale da mettere a rischio la stessa esistenza della Biblioteca, svuotata del suo bene più prezioso: i suoi libri. Nonostante il grave danno, la maggior parte dei volumi venduti sono stati ad oggi recuperati ed è stata messa in atto un attività di recupero che dovrebbe portare in tempi brevi alla riapertura dell'intero complesso.
Intanto sono diverse e periodiche le aperture straordinarie al pubblico, volte a far riscoprire ai napoletani un patrimonio che solo con la conoscenza potrà essere in futuro meglio protetto e valorizzato.
Luigi Formisano
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